venerdì 20 settembre 2013

La scienza e l'infinito

Perché credere che chi ha il coraggio di affrontare i meccanici strumenti della realtà, debba essere escluso per sempre dalla sublime possibilità di perdersi nell'infinito? Le due cose sono semplicemente complementari.
Se numeri, formule e leggi non avessero permesso di regolare l'immensità che ci è attorno, non saremmo mai stati liberi di vagare in questa immensità.
Siamo figli dell'infinito, perché dunque aver paura di conoscerne le regole..non ci è vietato spalancare gli occhi di fronte ad esso. Potremmo così avvicinarci in modo più concreto ma non razionale e meccanico.

Più si viene a conoscenza di qualcosa o qualcuno, e più siamo vicini a quel
qualcosa o a quel qualcuno.
La paura di perdere la capacità di affascinarsi non deve esistere, perché nessuna legge, numero o formula potrà mai spiegare la meraviglia che la vita, l'universo, l'immenso provocano.
Non potrà spiegare il brivido di fronte l'incontro tra mare e cielo. Il buio, la voce del mare e la luce del cielo. Un soffio d'infinito che ci arriva dentro, che ci fa vagare con la mente, che ci fa sognare, immaginare, inventare. Nessuno può cancellarlo.
Conoscere da la libertà di scegliere, di vagare o di rimanere a terra. Siamo padroni di abbandonarci al vento che soffia più forte, senza mai avere la sensazione di non avere pesi per tornare a terra o di non avere leggerezza per volare in alto.
Volare, conoscendo la verità, libertà di scegliere, non schiavitù della paura ignorante.
Sognare pur sapendo.
Straniamento dal mondo conoscendolo però nel suo intimo.
Non fuga.

Cosciente proiezione di sé nell'infinito,
sempre più vicino,
ma pur sempre infinito.

Nessun commento:

Posta un commento