sabato 6 luglio 2013

Tutto Baricco. Le frasi più belle dei suoi libri. 1-Castelli di Rabbia

Inizio questa rubrica ovviamente perché amo Baricco ma la inizio soprattutto per chi non lo apprezza. A me lui non piace come persona ed infatti cerco di vederlo il meno possibile in tv e di ascoltarlo il meno possibile.
Però, basta aprire un suo libro per piombare in un mondo parallelo..per quanto mi riguarda è come se vedessi scritti i miei pensieri e le immagini che il mio cervello spesso mi da. Certo, è soggettiva come cosa ma anche chi magari non ha quel modo di pitturare il mondo, non può non perdersi nella musicalità e nel cullare delle sue parole. C'è chi lo accusa di scrivere con pura tecnica..beh, forse sarà anche così..però non è importante quello che prova lui l'attimo che scrive..è importante quello che suscita in voi quando lo leggete.
Ecco. Vorrei soltanto dirvi di leggere questi pezzi presi sparsi dai suoi libri e poi darmi le vostre impressioni.

Il libro di oggi è il suo primo libro: "Castelli di Rabbia"

"Voi non venite qui a cantare una nota qualunque. Voi venite qui a cantare la vostra nota. Non è una cosa da niente: è una cosa bellissima. Avere una nota, dico: una nota tutta per sè. Riconoscerla, fra mille, e portarsela dietro, dentro, e addosso. Potete anche non crederci, mai io vi dico che lei respira quando voi respirate, vi aspetta quando dormite, vi segue dovunque andiate e giuro non vi mollerà fino a che non vi deciderete a crepare, e allora creperà con voi. (...) Uno ha una nota, che è solo sua, e se la lascia marcire dentro...no..statemi a sentire..anche se la vita fa un rumore d'inferno affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più."

"Incominciava a diventare vecchio, suonava mille strumenti, ne aveva inventati altrettanti, aveva la testa che frullava di suoni infiniti, sapeva vedere il suono, che non è la stessa cosa di sentirlo, sapeva di che colore erano i rumori, uno per uno, sentiva suonare anche un sasso immobile- ma una sua nota, lui, non l'aveva. Non era una storia semplice. Aveva troppe note dentro per trovare la sua. E' difficile da spiegare. Era così, e basta. Se l'era ingoiata l'infinito, quella nota, come il mare può ingoiarsi una lacrima."

"La vita faceva una mossa: e la meraviglia si impadroniva di lui. Il risultato era che del mondo aveva una percezione, per così dire, intermittente. Una sequela di immagini fisse-meravigliose-e mozziconi di cose perdute, cancellate, mai arrivate fino ai suoi occhi. Una percezione sincopata. Gli altri percepivano il divenire. Lui collezionava immagini che erano e basta. "

"Tu non sei come gli altri, tu fai delle cose, tante cose, e ne immagini ancora delle altre ed è come se non ti bastasse una vita sola per farcele stare tutte. Io non so..a me la vita sembrava già così difficile...sembrava già un'impresa viverla e basta. Ma tu...tu sembra che devi vincerla, la vita, come se fosse una sfida...sembra che devi stravincerla..una cosa del genere. Una roba strana. E' un pò come fare tante bocce di cristallo...e grandi..prima o poi te ne scoppia qualcuna..e a te chissà quante ne sono già scoppiate, e quante te ne scoppieranno......Però....(...) Però quando la gente ti dirà che hai sbagliato...e avrai errori dappertutto dietro la schiena, fottitene. Ricordatene. Devi fottertene. Tutte le bocce di cristallo che avrai rotto erano solo vita. Non sono quelli gli errori...quella è vita...e la vita vera magari è proprio quella che si spacca, quella vita su cento che alla fine si spacca..(...)E allora tu non smettere mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo...sono belle (...)...ci si vede dentro tanta di quella roba...è una cosa che ti mette l'allegria addosso..non smetterla mai...e se un giorno scoppieranno anche quella sarà vita, a modo suo...meravigliosa vita."

"Ognuno ha il mondo che si merita. Io forse ho capito che il mio è questo qua. Ha di strano che è normale. Mai visto niente del genere, a Quinnipak. Ma forse, proprio per questo, io ci sto bene. A Quinnipak si ha negli occhi l'infinito. Qui, quando proprio guardi lontano, guardi negli occhi di tuo figlio. Ed è diverso.
Non so come fartelo capire. Qui si vive al riparo. E non è una cosa spregevole. E' bello. E poi chi l'ha detto che si deve proprio vivere allo scoperto, sempre sporti sul cornicione delle cose, a cercare l'impossibile, a spiare tutte le scappatoie per sgusciare via dalla realtà? Eè proprio obbligatorio essere eccezionali?
Io non lo so. Ma mi tengo stretta questa vita mia e non mi vergogno di niente: nemmeno delle mie soprascarpe. C'è una dignità immensa, nella gente, quando si porta addosso le proprie paure, senza barare, come medaglie della propria mediocrità. Ed io sono uno di quelli.
Si guardava sempre l'infinito, a Quinnipak, insieme a te. Ma qui non c'è 'infinito. E così guardiamo le cose, e questo ci basta. Ogni tanto, nei momenti più impensati, siamo felici."

"(..)Avevi ragione tu: non siamo morti. non è possibile morire vicino a te.(...) Adesso sono io che vado lontano. E non sarà vicino a te che morirò. Addio, mio piccolo signore, che sognavi i treni e sapevi dov'era l'infinito. Tutto quel che c'era io l'ho visto, guardando te. E sono stata ovunque, stando con te. E' una cosa che non riuscirò a spiegare mai a nessuno. Ma è così. Me la porterò dietro, e sarà il mio segreto più bello. (..) Non pensarmi mai, se non ridendo. Addio."


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