lunedì 16 settembre 2013

"DEREGULATAE"- Progetto Lodomaccanto Band

Dal 5 aprile 2013 il Teatro Tor Bella Monaca ha trovato nuova vita con la direzione artistica di Alessandro Benvenuti.
Tra pochissimo uscirà il cartellone della stagione 2013-2014 ma nel frattempo questo week-end è andato in scena il primo esilarante spettacolo:
DEREGULATAE della compagnia Progetto Lodomaccanto Band.
Io ho avuto il piacere di conoscere la bravura di questi quattro artisti (che vado a presentarvi di seguito) in una rassegna teatrale lo scorso anno.
Loro sono:
-  Daniele Fabbri: voce, testi e regia
-  Stefano Usai: chitarra, musiche, arrangiamenti e voce
-  Gabriele Ginnetti: batteria
-  Diego De Paolo: basso
Già soltanto lo sviluppo che ha avuto lo spettacolo dal cambiamento di contesto (da rassegna estiva a vero e proprio teatro) è da premiare: la creazione di una linea guida, i delicati omaggi al signor G (quest'anno è il decennale della sua morte).
Ma andiamo per ordine.
Il genere è proprio quello di Gaber, il teatro canzone. Un genere che potrebbe sembrare "facile" perché aiutato dalla musica, dal ritmo, dalle canzoni.
Mai opinione può essere più sbagliata.
Tenere uno spettacolo del genere per un'ora e mezza, alternando ed intrecciando puri monologhi teatrali a canzoni teatrali, senza scendere nel banale, senza mai far calare l'attenzione, senza mai far percepire il palco "vuoto" è una vera e propria impresa.
Dal mio punto di vista, i Progetto Lodomaccanto l'hanno resa possibile come sapeva fare solo un signor G.
Le idee e gli spunti sono geniali. L'attualità è il tema fondamentale della loro messa in scena, in tutto e per tutto, ma la raccontano in un modo del tutto originale e con una signora Musica.
La canzone cantata dalla pecora triste (che non riesce a saltare la staccionata nella testa del bambino che conta le pecore), e che poi scipriremo essere Dolly, ironicamente e amaramente descrive la società di pecoroni quali siamo affermando che, puoi anche essere una Dolly per un pò, ma sempre pecora rimani.
Poi c'è la canzone che descrive il ruolo dominante della pubblicità all'interno della televisione, il tutto non tanto tramite le parole quanto all'utilizzo estremamente studiato e raffinato della musica.
Per non parlare della geniale trovata di cantare "C'era una casa molto carina" in stile hard-rock con tanto di occhiali da sole..con nel finale, rottura della chitarra giocattolo da parte del batterista.
O ancora la canzone di Branduardi "Per fare un tavolo" stravolta per farla diventare "Per fare tutto ci vogliono i soldi" e fermarsi definitivamente alla strofa "Per fare i soldi..".
Nella canzone che descrive il calvario quotidiano che ognuno di noi deve affrontare per andare in ospedale, l' ironia è amaramente reale e, non vorrei sbagliarmi, ma c'è uno spunto da "i 7 re di Roma" di L.Magni con Gigi Proietti (ipotesi non verificata per ora).
L'ultimo pezzo (portato in scena dagli artisti solo nelle ultime due delle tre serate) sfata il mito dell'uomo aggiustatutto.
I due pezzi di Gaber, " La strana famiglia " (duo originale, Fabbri-Usai) riadattata ai nostri tempi e "Io non mi sento Italiano", sono stati elaborati in modo delicato ed eccezionale.
I monologhi, come quello su Lo Scrupolo (considerata una malattia) o quello sul ruolo del buco del c__o,  o i duetti Fabbri-Usai, come quello dei due amici che si incontrano e parlano in termini di "te lo ricordi coso", "lì dove sta la cosa" ecc, sono semplici e ricchissimi allo stesso tempo.
Grazie anche alla bravura degli artisti sul palco. Daniele Fabbri e Stefano Usai sono l'attore e la spalla e sono un duo eccezionale. Mimica facciale, presenza di scena, complicità perfetta. I ritmi sono quelli giusti, come lo sono i movimenti sul palco o le loro espressioni. Gabriele Giannetti e Diego De Paolo, oltre ad essere due musicisti bravissimi (come d'altronde Usai alla chitarra), riempiono l'altra metà del palco, con piccoli ma fondamentali interventi di interazione con il duo e costante presenza scenica.
Insomma, per concludere, questi quattro ragazzi hanno fatto qualcosa di veramente complesso e l'hanno reso di una linearità e di una semplicità disarmanti.
La loro bravura è reale ed ora come ora, non è così banale.

PS. Un grandissimo applauso all'invincibile macchina dietro tutto ciò, Marco Consiglio 




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