lunedì 8 aprile 2013

"C'eravamo troppo amati"..la genuina bellezza della risata teatrale

Troppo spesso ormai nel teatro i giovani registi vanno a cercare qualcosa di fortemente sperimentale e nuovo, qualcosa di impegnato e di trascendentale che dia un messaggio forte, feroce a volte lacerante.
Non dico assolutamente che questo sia un male.
Dico soltanto che a volte bisognerebbe semplicemente fermarsi e recuperare quello che è il cuore del palcoscenico.
Roberto Marafante c'è riuscito con questo spettacolo esilarante, grazie anche a due spettacolari talenti quali Michele La  Ginestra e Michela Andreozzi.
"C'eravamo troppo amati" è una commedia francese scritta da Pierre Palmade e Muriel Robin, tradotta in italiano dallo stesso Michele La Ginestra, in scena al Teatro dei Servi (splendido piccolo teatro dietro Fontana di Trevi, su via Del Tritone) fino al 21 aprile.
La storia in sè non è nulla di particolarmente originale. Un uomo ed una donna scoprono di amarsi dopo il divorzio.  Sul palcoscenico pochissimi oggetti; due sedie, due teli, tre travi a simulare una porta..Sufficenti a creare tutti gli ambienti necessari allo svolgersi della storia. Un letto verticale, un tavolino di un bar, due case diverse ed un water. Sono gli stessi protagonisti a variare la disposizione degli oggetti e a creare i nuovi ambienti, tutto in penombra ma perfettamente visibile dal pubblico.
I personaggi sono molti, precisamente sette ma sul palcoscenico ci sono soltanto Michele e Michela. Gli altri personaggi non sono in carne ed ossa ma la bravura dei due attori ce li fa vedere, ci fa rendere conto delle loro espressioni, di quello che stanno facendo e di come si muovono. Cosa non affatto semplice in teatro.
La Ginestra e la Andreozzi sono eccezionali. Hanno una mimica facciale straordinaria, tanto che il pubblico sa già quello che stanno per dire o per fare semplicemente osservando i loro occhi o la loro bocca. 
I due hanno una complicità deliziosa che si sente in ogni istante dello spettacolo. Si fanno da spalla a vicenda e tengono la scena, in due o da soli, in modo esemplare.
Sono entrambi romani e la romanità (mi dispiace per tutti i non romani) da all'attore- quello bravo si intende - una marcia in più. Ogni loro parola ed ogni loro gesto ha dentro quell'ironia pungente ed esilarante che è solo e soltanto di Roma. Far ridere a teatro è quanto di più bello e di più difficile esista. Riuscirci senza l'aiuto di oggetti o scenografie, soltanto con il proprio corpo e quello dell'altro attore è praticamente una sfida.
I due protagonisti non fanno solo ridere ma ti trasportano nella loro storia, te la fanno vivere sulla pelle facendo arrivare alle sane lacrime di ilarità. Un esempio della purezza del teatro e del far ridere.

Unica avvertenza: andrete via cantando per tutto il tempo un "Dio è morto" di Guccini in versione comica accompagnato da "un coniglietto brutto brutto".

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